domenica 13 luglio 2014

Il 5x1000 potrebbe finire ai politici. Ecco come.



La compilazione del 5x1000 è indubbiamente il momento meno frustrante quando si affronta la dichiarazione dei redditi: ti dà sempre la sensazione di star facendo qualcosa di veramente giusto, di aiutare chi veramente necessita di soldi nel nostro Paese. Associazioni di volontariato per i malati, organizzazioni dedite alla ricerca della cura per malattie degenerative, enti dediti alla tutela di qualche villa rinascimentale (e via di questo passo) si possono sostenere con poche mosse e molta soddisfazione. Problemi non ce ne dovrebbero essere: un’organizzazione per essere inclusa nell’elenco dei beneficiari del 5x1000 deve superare una tortuosa via crucis composta da carte, scartoffie e burocrazia di ogni genere, tra cui addirittura un’autorizzazione del ministero competente. Basti solo pensare che da quando questa pratica è entrata in vigore (sono passati sette anni) le sono state dedicate ventuno leggi, tant’è vero che, per entrare nel famigerato elenco, bisogna munirsi di almeno due anni di pazienza.
Ma (c’è sempre un «ma» in queste storie, altrimenti non saremmo in Italia) la contorta burocrazia diventa magicamente più semplice in certi particolari casi. Facendola breve, il contribuente che col 5x1000 spera di non dare i propri averi in pasto alla vituperata «casta», corre il rischio di ottenere l’effetto contrario, ossia sovvenzionare uomini politici e istituzioni a cui i soldi non mancano di sicuro. Non solo: la semisconosciuta truffa del 5x1000 è un autentico finanziamento pubblico alla politica in grado di garantire discreti introiti senza dare troppo nell’occhio. Andiamo nel dettaglio.
La ormai decennale fondazione Magna Carta, sulla carta (poco «magna») si «dedica alla ricerca scientifica, alla riflessione culturale e alla elaborazione di proposte di riforma». Un proposito talmente nobile da garantire la possibilità di erogare donazioni da quasi cinque anni. Non tutti sanno che tale fondazione vede come presidente Gaetano Quagliariello, «saggio» nominato da Napolitano, ministro delle Riforme del governo Letta, uomo di punta del Pdl prima di diventare uomo di punta del nuovo partito di Angelino Alfano.
Oppure, come non fidarsi di una fondazione nata nel 2003 per «valorizzare e promuovere la cultura popolare, comunitaria, tradizionale e nazionale»? La fondazione si chiama Nuova Italia, il cui presidente, tale Gianni Alemanno (ex ministro dell’Agricoltura ed ex sindaco di Roma per il partito di Berlusconi), di «nuovo» sembra avere ben poco. Come se non bastasse, il segretario generale di Nuova Italia risulta un certo Franco Panzironi, finito per qualche congiunzione astrale al vertice della municipalizzata romana dei rifiuti. Nuova Italia, vecchi vizi.
Nel versante opposto, la fondazione Italianieuropei prevede la possibilità di ottenere sostegno dal 5x1000 nonostante sia capitanata da Massimo D’Alema e annoveri nel suo comitato la presidente della commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro, l’ex presidente del Pd Gianni Cuperlo, il sindaco di Roma Ignazio Marino, l’ex sindacalista ed ex candidato al Quirinale Franco Marini, l’esponente Pd Luciano Violante, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e compagnia cantando. A prescindere da quale sia il giudizio che si abbia di queste personalità, non mi sembra si tratti di individui con problemi di bilancio familiare tanto da dover richiedere ai cittadini un aiuto. Insomma, se hanno voglia di discutere di politica, impresa ed europeismo lo possono fare benissimo di tasca propria.
Se invece siete attratti come i bambini di Hamelin dal dolce suono di un think-tank il cui proposito è «favorire lo sviluppo dei valori etici e politici del pensiero liberale laico e cattolico», conviene che facciate uno sforzo e vi tappiate le orecchie. La fondazione, il cui nome è Liberal, è proprietà di Ferdinando Adornato, nato come giornalista ma con l’andare del tempo finito per disquisire di «valori etici e politici» tra i banchi di Montecitorio da ben cinque legislature: prima con Alleanza Democratica, poi con Forza Italia, poi con l’Udc, poi con Scelta Civica e attualmente coi Popolari il nostro Adornato non ha mai smesso di pensare alla sua creatura. Dapprima «Cronache di Liberal» era un mensile (in passato ampiamente foraggiato dai finanziamenti pubblici alla stampa con un paio di milioni all’anno) il quale, nato nel 1995, divenne ben presto l’organo ufficiale dell’Udc prima di chiudere definitivamente i battenti circa un anno fa. Defunta la rivista, la fondazione a essa collegata è più viva che mai, ed è entrata nel novero degli enti a cui è possibile erogare il proprio 5x1000 fin dall’esordio di questa pratica, ossia fin dal 2006, figurando come ente dedito nientemeno che alla «ricerca scientifica» e superando addirittura il controllo del ministero dell’Istruzione.
Zitto zitto e quatto quatto, il poco noto ex europarlamentare (nonché pregiudicato) del Pdl Aldo Patriciello è riuscito a ottenere nel 2011 1,8 milioni grazie ai contributi del 5x1000 alla fondazione di famiglia, l’istituto neurologico Neuromed.
Sembra quasi impossibile che anche la fondazione San Raffaele di Don Luigi Verzè abbia avuto il via libera nel ricevere finanziamenti, e invece anche tale ente risulta beneficiario del 5x1000, e come se non bastasse c’è la possibilità di erogare fondi anche al San Raffaele romano della famiglia Angelucci. Un beneficiario di tutto rispetto, se si considera che nel solo 2011 riuscì a raggranellare quasi sei milioni di euro.
Non si tratta però di soli politici: il sottobosco di fondazioni dedite a raccogliere fondi tramite la dichiarazione dei redditi presenta anche categorie di altro genere. Tra queste la fondazione italiana del Notariato, la quale dal 2006 si prodiga nel «migliorare le qualità professionali e culturali dei notai italiani». Personalmente devo ancora capire cosa faccia concretamente, eppure nel 2011 è riuscita a incassare 800mila euro da soli 1.081 contribuenti (che professione svolgano questi contribuenti è facilmente intuibile).
Chi è dotato di profonda fede può invece erogare il proprio 5x1000 all’associazione Radio Maria la quale, spacciandosi per ente di «volontariato», ha messo in tasca nel solo 2011 2,1 milioni di euro.
Chi invece nutre maggiore fede verso il mondo dei sindacati può donare fondi all’Istituto sindacale per la cooperazione e lo sviluppo (Iscos) fondato nel 1983 dalla Cisl, oppure all’Associazione nazionale comunità sociali o sportive, legata a Confartigianato; dando vita in questo modo ad uno sfacciato conflitto d’interesse dovuto al fatto che i sindacati da un lato offrono assistenza fiscale per la dichiarazione dei redditi e dall’altro sono essi stessi beneficiari del 5x1000. Una paradossale situazione che, in passato, ha spinto l’Agenzia delle Entrate a intervenire «per rimuovere una specifica situazione che poteva influenzare la libera scelta del contribuente».
La punta di diamante è rappresentata però da una bizzarra Onlus, la fondazione Milan, fondata nel 2003 con il nobile principio di «fare qualcosa di buono per la collettività ed esprimere solidarietà con chi si trova in situazioni di disagio». Sembra strano che tutte queste dimostrazioni di solidarietà non le riesca a fare senza bisogno del contributo dei cittadini, visto il fatto che tale Onlus è presieduta dalla famiglia di Silvio Berlusconi, uomo che di certo non si trova in condizioni di chiedere denaro ai contribuenti e che di possibilità per dare sostegno alla collettività ne ha avute molte, dato che è un protagonista della vita politica italiana da vent’anni a questa parte.
Ma da quando si entra nell’elenco non ci dovrebbero essere una serie di controlli? Ufficialmente è così, il ministero del Lavoro dovrebbe controllare periodicamente i vari enti «segnalando eventuali posizioni da sospendere» ma, secondo la Corte dei Conti, le norme sono talmente ingarbugliate che tale pratica «risulta esercitata una sola volta». «Esemplare per l’incertezza delle disposizioni», proseguono i magistrati contabili, «la vicenda relativa alle fondazioni. All’origine, furono previste nella categoria del volontariato; nel 2007, furono escluse quelle non classificate come Onlus, a meno che non rientrassero nella tipologia della ricerca scientifica. Per gli anni 2007-2009, fu inserita una categoria specifica: le fondazioni nazionali di carattere culturale, peraltro, di difficile individuazione, essendo il requisito culturale di incerta qualificazione». Detto in soldoni, «la mancanza di una rigorosa selezione ha fatto crescere a dismisura il numero dei beneficiari» con tutto ciò che ne consegue.

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