Il ddl sui diritti omosessuali
avrebbe portato l’Italia verso una maggiore maturità, ma lo spettacolo
parlamentare che ci viene offerto in queste ore consegna l’immagine
diametralmente opposta della più impacciata imperizia, della più superficiale
incapacità, della più disarmante titubanza.
«Ci fanno o ci sono?» viene da
domandarsi, ma questa volta senza ironia né retorica; al contrario caricando la
domanda con la massima ponderatezza: cosa spinge la Lega Nord a lasciare
inalterati cinquecento emendamenti la gran parte privi di ogni contributo al
dibattito? Cosa spinge il Pd a
Monica Cirinnà (Pd), che dà il nome al ddl sulle unioni civili |
premere il grilletto di una misura così pesante
e foriera di discussioni come il «canguro», senza alcuna considerazione per la
massima cautela che dovrebbe accompagnare il passaggio in Aula di un testo
appoggiato da una maggioranza così fragile e inusuale? Cosa spinge i 5 Stelle a
non chiarire mai in misura definitiva la propria effettiva posizione sul ddl e
sui suoi metodi d’approvazione?
La risposta va ricercata nel
convitato di pietra dell’intera discussione: il sondaggio. La politica, che in
una nazione civile dovrebbe rappresentare la guida autorevole e lungimirante (assai
lontani sono i tempi in cui l’Assemblea Costituente arrivava persino a
dimenticare i pesanti sconvolgimenti internazionali pur di consegnare all’Italia
una Carta innervata di diritti e tutele universali), occupa gran parte della
sua attività ad adeguarsi alle paure, alle tendenze e ai vizi più promettenti
dal punto di vista – estremamente miope – delle prossime consultazioni
elettorali.
Ne esce una narrazione ormai
monocorde, superficiale e intrisa di una logica populista che vede nel cleavage
tra «popolo» e «casta» l’unico oggetto polemico di una campagna elettorale
infinita la quale, appunto, appena si trova a doversi confrontare con temi
oggettivamente divisivi, si scopre vacillante; scoperchiando come nel vaso di
Pandora tutta la risibile inconsistenza di una classe politica che alla ricerca
di un consenso unanime (il «partito della nazione» è una tentazione bipartisan)
sceglie di non scegliere. Preferisce lanciare segnali ambigui. Si dimostra
disposta ad applicare formule agli apici dell’astrusità burocratica. Si lava le
mani come Ponzio Pilato, nella speranza che qualche deus-ex-machina provveda a
sbrogliare la matassa o a prestarsi come capro espiatorio.
Qui, prima ancora del rifiuto
della mediazione, c’è il rifiuto del conflitto: la politica si ostina a non
voler farsi interprete di precisi e delineati segmenti sociali, assecondando unicamente
le ataviche pulsioni anti-istituzionali (e anti-democratiche) di un popolo che
privato degli spazi di partecipazione diviene troppo spesso incline a riportare
in auge i più nefasti retaggi dell’oscurantismo cattolico; in questo purtroppo
agevolato da apparati informativi anch’essi incapaci di assumersi un ruolo
educativo (basti pensare che nei primi due anni di pontificato di Benedetto XVI
il Tg1 dedicò alle gerarchie vaticane due volte e mezzo il tempo dedicato alla
Presidenza della Repubblica) e, di conseguenza, ridotto al ruolo di – troppo spesso
compiaciuto - consumatore passivo. «Carne da sondaggio», o peggio ancora «carne
da slide» e «carne da tweet» come direbbe qualcuno.
Destinatario di bonus, mance o «redditi di cittadinanza» senza alcuna visione
ma non titolare di un’attiva funzione promotrice; non depositario di diritti;
non protagonista della brulicante (e intensa,
perché negarlo) vita democratica.
Se la politica s’inaridisce, la
cittadinanza diviene più immatura ed esposta ad interpretare l’attività legislativa
con una visione populistica (spesso autoritaria) e/o finalizzata al particulare. Se la cittadinanza non
esercita effettivi controlli provvederanno altri poteri più consolidati (in
primis economici) a far valere le proprie ragioni, sortendo in tal modo
risultati grami per l'assetto democratico. Soprattutto dal punto di vista della
perdita dei diritti sociali, ma anche (di conseguenza) per quanto riguarda la
perdita dei diritti politici e non ultimi – come vediamo – in molti casi l’impossibilità
di accedere ai più basilari diritti civili.
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