A primo acchito pare l’ennesimo slogan ad effetto proposto
dal nuovo Primo Ministro. Mettere tra le priorità del governo la situazione
disastrosa dell’edilizia scolastica è invece un importantissimo punto di
partenza, non un problema secondario come spesso siamo portati a pensare.
Gli edifici scolastici del nostro paese (in totale 42.000(1))
ospitano quotidianamente 5.348.791 alunni e all’incirca 624.697 dipendenti in
organico(2). Un esercito di esseri umani che, il più delle volte
inconsapevolmente, non si rende conto dei rischi che può correre entrando in
quelle strutture. Sono impresse nella memoria di tutti le lacrime disperate di Fortunato Scafidi, il cui figlio (Vito) era morto ad appena diciassette anni a causa della caduta del controsoffitto in un liceo di Rivoli. Era il novembre del 2008 quando Fortunato si rivolse rabbiosamente all’allora ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, dicendole: «Se avete anche solo il sospetto che una scuola possa cadere, la dovete chiudere». Un consiglio che dovrebbe essere banale e scontato in un paese civile, eppure in Italia non è così. La Gelmini, sospinta dall’onda emotiva seguita alla grave tragedia, disse a sei mesi di distanza dall’incidente: «Stiamo già lavorando con squadre costituite da tecnici per fare sopralluoghi in tutte le scuole e garantire la sicurezza».
Sono passati sei anni, e quasi nessuno ricorda più quelle parole. Più che puntare sugli interventi concreti, la nostra politica ha preferito nascondere il problema agli occhi dell’opinione pubblica. Alessandro Martelli, sismologo, presidente dell’associazione Glis e dell’International Sismic Safety Organization, ha ammesso: «A un recente convegno a Modena ho dovuto ascoltare, incredulo, che secondo le istituzioni nazionali occorre “rassicurare l’opinione pubblica, perché così essa chiede”»(3).
Lo stesso Martelli, in un articolo apparso su «Villaggio Globale» ha deciso di rompere questo silenzio denunciando che «oltre il 70% dell’edificato italiano non è in grado di resistere ai terremoti ai quali può risultare soggetto e che tale elevato numero di edifici altamente vulnerabili al sisma include numerose scuole, spesso ospitate da edifici antichi o semplicemente vecchi, per i quali l’adeguamento sismico è impossibile o eccessivamente costoso». La politica però ha preferito girare la testa dall’altra parte: occhio non vede, cuore non duole. L’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3274 del 2003 prevedeva che «in breve tempo» venisse stilata una mappa completa delle situazioni più gravi, eppure, prosegue Martelli, «“grazie” ai cosiddetti decreti “milleproroghe”, la data ultima per l’ultimazione di tali valutazioni è stata ogni anno inammissibilmente posposta».
A nulla sono valse le audizioni parlamentari dei vari esperti, che da anni denunciano «come nel nostro paese vi sia una gravissima situazione di scarsa sicurezza delle scuole e come, in particolare, si possa evincere che il 49% degli edifici scolastici in Italia non ha un certificato di agibilità. È accertato che 27.920 edifici scolastici sono in aree a elevato rischio sismico: 4.856 in Sicilia, 4.608 in Campania, 3.130 in Calabria (il 100% del totale), 2.864 in Toscana, 2.521 nel Lazio. Inoltre, 6.122 scuole sono a elevato rischio idrogeologico». Di queste 994 in Campania, 815 in Emilia-Romagna e 629 in Lombardia. Secondo il rapporto Ance-Cresme 2012, «il 37% degli edifici scolastici si trova in aree ad alto rischio sismico e il 9,6% ad elevato rischio idrogeologico». L’11% delle scuole non ha il certificato di valutazione dei rischi, l’82,3% non ha il certificato di prevenzione incendi. Tornando agli studi di Martelli, solo il 7,9% degli edifici è stato progettato con normativa antisismica, solo il 3,4% ha il certificato di conformità, solo il 4,2% ha il certificato di relazione geotecnica, solo il 5,5% ha presentato il certificato di relazione geologica. Già meglio la situazione delle verifiche sismiche, realizzate in ben (!) 4.479 edifici, pari al 9,5% del totale.
Queste gravi carenze sono spesso dovute al fatto che molti edifici scolastici (circa il 15% del totale(4)) sono stati solo in un secondo momento convertiti in scuole. Inoltre, 3 edifici su 4 hanno almeno trentatrè anni di età(5): il 44% delle scuole è stato costruito tra il 1961 e il 1980 e risulta «non completamente a norma»(6). Sempre secondo il rapporto Ance-Cresme 2012, tra gli edifici scolastici «6.415 sono stati realizzati prima del 1919, 6.026 tra il 1919 e il 1945, 28.127 tra il 1945 e il 1971. Il 62% del patrimonio ha quindi più di quarant’anni e spesso è stato sottoposto male e poco a manutenzione straordinaria»(7).
Ancora più sconcertante l’ultimo dossier di Cittadinanzattiva: «Il cattivo stato di manutenzione fa sì che in un’aula su quattro (25%) siano presenti segni di fatiscenza, come umidità, muffe, infiltrazioni di acqua oltre che distacchi di intonaco visibili in un’aula su cinque (20%). Barriere architettoniche (13%) e pavimenti sconnessi (12%) ostacolano la vita agli studenti con disabilità presenti in un numero sempre crescente nelle nostre scuole (…) e il 51% di esse è senza tapparelle o persiane e il 28% ha le finestre rotte».
Nonostante i fondi necessari per rendere sicuri gli edifici siano stati stimati intorno ai 10 miliardi, bisogna ammettere che il governo Letta ha provato a smuovere le acque. Nel decreto del Fare sono stati inseriti 150 milioni per le emergenze mentre il decreto scuola prevede un mutuo di 800 milioni con la Banca di sviluppo europea. Il problema, ancora una volta, è dovuto all’estenuante burocrazia: secondo gli esperti chiamati da Renzi ci sono 8 diverse fonti di finanziamento e 12 (dodici) procedure attuative. In poche parole, i soldi messi a disposizione ci sono già, l’unico intoppo è quello di rendere più semplice l’accesso al credito. Il fedelissimo renziano Davide Faraone ha spiegato: «Quei 2,5 miliardi di euro a cui ha fatto riferimento Renzi in Parlamento sono risorse già esistenti. Le risorse per aprire subito una grande stagione di ammodernamento, ristrutturazione e messa in sicurezza delle scuole sono il miliardo e 200 milioni di euro non utilizzati e stanziati negli ultimi dieci anni a vario titolo dallo Stato per la riqualificazione delle scuole; 150 milioni più altri 300 del decreto del “Fare”; 850 milioni dal 2015 per mutui che accenderanno le Regioni». Tra fondi Sviluppo Coesione, fondi della legge di stabilità, capitolo di bilancio del Ministero, decreto del Fare, decreto scuola, decreto anticrisi, fondi strutturali europei e fondi legge quei due miliardi e mezzo sono già disponibili, chissà che questa sia davvero la volta buona che vengano utilizzati(8).
Concludendo con le parole di Martelli: «Le scuole sono (assieme agli ospedali) gli edifici pubblici che dovrebbero offrire le maggiori garanzie di sicurezza, perché esse contengono il nostro bene più prezioso: il nostro futuro».
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(1) da Valentina Santarpia, sul «Corriere della Sera» del 31/12/2013
(2) da uno schema apparso su «La Repubblica» del 07/09/2013 su dati riferiti all’anno 2013-2014 forniti da Miur, Skuola.net, ScuolaZoo, Codacons, Contribuenti.it
(3) da Gian Antonio Stella, su «Sette-Corriere della Sera» del 23/08/2013
(4) da Valentina Santarpia, sul «Corriere della Sera» del 31/12/2013
(5) da uno schema apparso su «La Repubblica» del 07/09/2013 su dati riferiti all’anno 2013-2014 forniti da Miur, Skuola.net, ScuolaZoo, Codacons, Contribuenti.it
(6) da Valentina Santarpia, sul «Corriere della Sera» del 31/12/2013
(7) da Gian Antonio Stella, sul «Corriere della Sera» del 26/02/2014
(8) da Mariolina Iossa, sul «Corriere della Sera» del 27/02/2014