Se n’è parlato molto in questi giorni. Si sono immaginati
scenari, retroscena, complotti, complotti di complotti e fantasie di ogni
genere.
Una vicenda senza risvolti giudiziari, ma stracolma di strascichi
polemici. Strascichi polemici che si avvalgono di una ricostruzione fuorviante
ma pur sempre efficace quando si tratta di sputare fango mediatico contro la
più alta Istituzione della Repubblica. La polemica era stata ampiamente prevista:
il giornalista che ha indagato sulla vicenda, lo statunitense Alan Friedman, ha
dedicato molto tempo per delineare la storia in tutti i suoi aspetti. La
pubblicazione dello scoop, concordata tra «Corriere della Sera» e «Financial
Times», è stata preceduta anch’essa da varie verifiche. In particolare, il
prestigioso quotidiano anglosassone ha impiegato ben quattordici dipendenti
(tra i quali un avvocato) per appurare l’attendibilità della vicenda.
In realtà lo scopo di Friedman era ben lungi dal trovare qualche
scoop sul Presidente della Repubblica. La vicenda nasce (forse casualmente,
forse no) durante un’intervista rilasciata dal dominus del gruppo
Repubblica-l’Espresso Carlo De Benedetti nell’autunno scorso. Friedman voleva
sentire alcuni pareri dell’imprenditore sulle prospettive dell’economia
italiana, oggetto del libro che andava scrivendo (per la precisione «Ammazziamo
il Gattopardo», uscito stamattina).
Nel corso dell’intervista, De Benedetti rilascia qualche
dichiarazione di troppo su alcuni colloqui privati avuti tra Monti e Napolitano
nell’estate 2011, colloqui che affascinano il giornalista, il quale, per mesi,
decide di scavare a fondo nella questione.
Quello che segue è il racconto, addolcito da un po’ di
prosa, di quanto è avvenuto in quell’estate passata ad architettare il destino
del governo italiano. Per la ricostruzione ci si è avvalsi delle cronache di
quei giorni e delle dichiarazioni di Mario Monti, Giorgio Napolitano, Carlo De
Benedetti e Romano Prodi.
Giugno 2011
Le nubi iniziano ad addensarsi sulla scena italiana.
Il salvataggio della Grecia da parte dell’Unione Europea
rischia di innescare una serie di speculazioni sui titoli di Stato di altri
paesi in difficoltà, in primis l’Italia.
Il governo appare ben poco consapevole delle gravi
responsabilità. Secondo il Primo Ministro, Silvio Berlusconi, «i ristoranti
sono pieni», la crisi è solo un fattore psicologico, non c’è alcun bisogno di
ricevere aiuti da parte dell’Europa. Come se non bastasse, la maggioranza
parlamentare si va sempre più sfaldando: il Pdl ha visto una quota di
parlamentari abbandonare il partito per sostenere la nuova formazione di Gianfranco
Fini, serpeggiano i malumori della Lega Nord in materia pensionistica, il
Ministro dell’Economia Tremonti suscita perplessità all’interno del suo stesso
partito, Brancher e Cosentino sono costretti a dimettersi, il primo qualche ora dopo l'insediamento.
Il 7 giugno arriva il primo avvertimento da parte
dell’Europa: bisogna agire, entro ottobre il deficit italiano va assolutamente
ridotto. Giulio Tremonti va a parlare con Napolitano.
In Europa, e non solo, sono in molti a sostenere che, in
caso di estrema urgenza, l’Italia debba affidarsi a un governo responsabile e
consapevole. È in questi giorni che un nome inizia a farsi strada: quello di
Mario Monti, stimato economista ed editorialista del «Corriere della Sera».
Secondo molti illustri pareri è lui la persona che, se la situazione dovesse
peggiorare, sarebbe destinata a guidare un governo di tecnici per riportare
l’Italia su un sentiero virtuoso. Tra questi illustri pareri c’è anche quello
del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Napolitano conosce Monti da anni, legge con curiosità e
apprezzamento i suoi articoli, intavola spesso e volentieri dei colloqui con
l’economista. Insomma: Napolitano stima Monti, è una persona di cui nutre
fiducia. I due si danno addirittura del «tu».
Non è dato sapere se già a quell’epoca Napolitano avesse
parlato esplicitamente a Monti di un possibile incarico a Presidente del
Consiglio, fatto sta che la voce di una possibile investitura in caso di
estrema urgenza è insistente già da giugno.
Talmente insistente che a fine mese l’ex Presidente del
Consiglio ed ex capo della Commissione Europea Romano Prodi, durante una delle
lunghe chiacchierate con l’amico Monti nell’Ufficio dell’economista, dice
chiaro e tondo: «Vedrai, Mario, quando lo spread arriverà a 300 punti ti
chiameranno a fare il Primo Ministro». Una frase del genere lascia Monti un po’
attonito. L’argomento è delicato e lui sa di non avere per nulla la stoffa del
politico. Prodi capisce la sensazione dell’amico, ma il buon Romano (che di
governi ne ha guidati due e che di politica ci capisce qualcosa) lo rassicura
come un padre affettuoso e navigato: «Non puoi fare nulla per diventare Presidente
del Consiglio. Se ti arriverà l’offerta non ti potrai sottrarre. Ma non ti devi
preoccupare dell’evenienza, anzi: quando l’offerta arriverà dovrai essere
felice, l’uomo più felice del mondo!»
Le parole di Prodi servono come supporto psicologico a Monti.
La discesa in politica ha per lui lo stesso effetto di uno sciroppo amaro. La
scena politica italiana è complicata, buffa, inestricabile. Come si fa a
sentirsi felici in mezzo a quella ciurma di chiassosi personaggi?
Sono molte le figure di spicco del mondo economico che, nei
colloqui con Napolitano, sottolineano l’esigenza di un «piano B» da attuare nel
caso la situazione sfugga di mano. Questo governo non è in grado di
fronteggiare i guai finanziari che sembrano avvicinarsi.
Tra questi economisti c’è Corrado Passera, capo del gruppo
Banca Intesa, che al Capo dello Stato riferisce senza troppi mezzi termini:
«Occorre un programma di governo da tenere a portata di mano in caso di estrema
necessità. Ma bisogna fare in fretta. Se la situazione va avanti di questo
passo c’è bisogno di un cambio di rotta il prima possibile». Napolitano è
concorde e affida proprio a Corrado Passera l’incarico di stilare una bozza di
programma di governo.
Passera si mette al lavoro.
Luglio 2011
I segnali di tempesta in arrivo si fanno sempre più
insistenti.
Tra l’8 e l’11 di quel mese lo spread schizza da 150 a 300 punti base, i
titoli di Stato e le quotazioni borsistiche sono sotto il tiro degli
investitori internazionali. La
Borsa perde quasi il 4%.
Tremonti e Berlusconi promettono che, entro l’estate,
arriverà la manovra economica. Ma a Brunetta non va a genio l’impostazione
rigorista di Tremonti e quindi le fibrillazioni nella maggioranza e, manco a
dirlo, tra maggioranza e opposizione restano molto alte. Dovrà intervenire Napolitano
per chiedere di calmare gli animi e affrontare la situazione con la più grande
responsabilità possibile. Ma anche lui sa che il governo, così com’è, non è in
grado di fronteggiare la catastrofe.
Nei colloqui con Mario Monti, Napolitano dà dei segnali
sempre più chiari: «Tieniti pronto, potrei chiamarti da un momento all’altro
per sostituire Berlusconi».
Nel frattempo Corrado Passera ha stilato la prima bozza di
programma di governo. L’ha fatta in fretta e furia, consapevole che non c’è
tempo da perdere. Passera consegna una copia del documento sia a Mario Monti
(con cui si era già ritrovato a parlare di questo documento), sia a Giorgio
Napolitano.
La bozza sembra buona ad entrambi i lettori. Contiene molti
punti (il documento finale, che arriverà a novembre, è formato da quasi 200
pagine) e tocca molti aspetti. Si parla di «terapia d’urto». C’è la priorità di
risanare i conti (la famosa «austerity»), ma c’è anche lo spazio per programmi
che favoriscano la crescita. Nel documento finale, ma è probabile che vi sia
scritto anche nella bozza di luglio, è riportato chiaro e tondo: «Non ci
mancano le possibilità ed energie per raggiungere obiettivi di questa portata a
patto, però, di non sprecare il poco tempo che ci rimane a disposizione». Si
parla di politiche per il lavoro, di pensioni, di privatizzazioni (un piano da
100 miliardi), di liberalizzazioni, di una patrimoniale al 2% su tutti i
patrimoni immobiliari e finanziari (eccezion fatta per conti bancari e prime
case).
Agosto 2011
Mario Monti, come ogni estate, passa qualche giorno di relax
in una casa presa in affitto a Silvaplana, nei pressi di St.Moritz. Ma in
quella situazione c’è ben poco da rilassarsi. Berlusconi è ancora al governo, lo
spread ora sfiora quota 400.
Il 5 agosto arriva una lettera di fuoco da parte della Banca
Centrale Europea: bisogna assolutamente darsi una mossa per evitare l’irreparabile.
Berlusconi è furibondo, vede la lettera come un inopportuno
diktat da parte dell’Europa. Nonostante ciò, si decide di anticipare il
pareggio di bilancio già nel 2013 e il Parlamento continuerà a lavorare senza
pausa.
Durante la permanenza estiva a St.Moritz, Monti incontra
spesso Carlo De Benedetti. Il professore conosce De Benedetti da una vita, era
addirittura amico di suo padre. I due si scambiano confidenze e consigli.
Nell’agosto 2011 però Monti appare più cupo e preoccupato del solito. Quando
vede De Benedetti e la consorte chiede un incontro.
«Con piacere! Ci possiamo trovare a cena uno di questi
giorni. Conosco una bella trattoria tipica. È un po’ fuori mano ma sono sicuro
che non ne rimarrai deluso» risponde solare De Benedetti. Passare una serata
con un vecchio amico è sempre allettante. Vengono fissati il giorno e l’ora.
Si stanno già salutando quando Monti trova il coraggio e
chiede un po’ imbarazzato: «Però vorrei parlarti a quattr’occhi di una faccenda
seria». «Nessun problema», risponde De Benedetti. «Vieni a casa mia prima della
cena così possiamo parlare in tutta tranquillità».
Così avvenne.
Sono circa le 18 del giorno prestabilito quando Mario Monti
si trova nello studio della casa dell’imprenditore.
È un po’ difficile trovare le parole adatte, ma alla fine
Monti arriva al nocciolo della questione: «C’è la concreta possibilità che io
venga nominato Primo Ministro. Cosa mi consigli? Io non ho mai avuto grossi
rapporti con la politica, ho paura di inciampare…»
«Ma guarda», risponde De Benedetti, tranquillo e riflessivo:
«Secondo me tu sei perfettamente all’altezza di un ruolo del genere, l’unica
questione è il timing: se te lo chiedono a settembre accetta senza neanche
pensarci. Se te lo chiedono a dicembre o più in là ti conviene lasciar perdere.
Insomma, non c’è tempo da perdere: o vai subito a Palazzo Chigi, altrimenti è
inutile».
Quanto narrato è quello che è esattamente successo nell’estate
2011, le vicende sono confermate da tutti i diretti interessati. Quelli che
urlano al «complotto» dicendo che quell’estate l’Italia andava a gonfie vele
sanno di mentire.
Il governo Berlusconi perdeva pezzi da tutte le parti, e i
successivi tre mesi furono soltanto una sequela di fallimenti e figuracce. Il
governo veniva battuto al Senato, l’Europa che considerava Berlusconi
nient’altro che un ridicolo incompetente rideva di noi e dall’altro lato
lanciava preoccupati ultimatum, le agenzie di rating tagliavano le valutazioni
del debito pubblico italiano senza pietà, lo spread arrivava alla preoccupante
quota record di 550 punti.
A novembre Napolitano convince Berlusconi a lasciare la
poltrona: la situazione è insostenibile. Ciò che era stato previsto e calcolato
(ma scongiurato) si avvera: Mario Monti viene convocato a guidare un nuovo
esecutivo composto da persone che con la politica non hanno nulla a che fare.
Nonostante la stima goduta sia nell’ambiente politico che
nell’ambiente economico, Monti è uno sconosciuto di fronte all’opinione
pubblica. Nemmeno i giornali più attenti erano a conoscenza del fatto che da
almeno quattro mesi il Quirinale stava avviando consultazioni nell’eventualità
di un nuovo governo tecnico guidato dal professore.
Passera verrà nominato Ministro dello Sviluppo Economico, ma
il suo programma (che vedrà ben quattro modifiche tra il luglio e il novembre
2011) non verrà mai messo in pratica.
Sull’opportunità da parte di Monti e De Benedetti di
rivelare questa storia si può discutere a lungo, così come sull’effettiva
efficacia del governo tecnico. Ma non è questo l’obiettivo di questo articolo.
L’obiettivo è semplicemente quello di raccontare i fatti di quella torrida
estate.
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