Domenica a Bologna abbiamo visto
concretizzarsi quella «classe esplosiva» (da G. Standing, «Precari. La nuova classe esplosiva», il Mulino, Bologna 2012) rancorosa verso uno stato di perenne insicurezza senza apparenti vie
d’uscita. Mentre nel trentennio post-bellico del compromesso
keynesiano/fordista la formazione di un efficiente stato sociale e la conquista
d’importanti diritti erano in grado d’impedire che l’assetto capitalista
seminasse forti disagi sociali, la successiva egemonia indiscussa dei principi del mercato ha sortito il pericoloso effetto di acuire il senso di precarietà
senza garantire al contempo alcuna speranza di riscatto (nemmeno quella falsa e
scricchiolante offerta dal «socialismo reale»), generando in tal modo il terreno fertile per il rinfocolarsi di rancori spesso sfocianti nella
violenza (sugli effetti dell’insicurezza a livello di personalità si veda J. Palmade «L’incertitude comme norme», Puf, Paris 2003,
ma anche D. Maharidge, «Journey to Nowhere. The Saga of the New Underclass», Dial Press, Garden City 1985).
Salvini è un leader non inviso all'establishment |
La coincidenza, siamo alla fine
degli anni Settanta, tra inizio del dissesto dell’Unione Sovietica e
rivoluzione khomeinista in Iran testimonia con singolare evidenza quanto le
sanguinanti divisioni che ora più che mai lacerano il pianeta altro non siano
che nevrotiche reazioni ad un disagio provocato dall’improvviso venir meno di
un’alternativa di sistema: fondamentalismi di ogni genere hanno visto la luce
negli ultimi anni, millantando divisioni sociali, etniche e religiose utili
soltanto a celare la reale posta in gioco, ossia il progredire indisturbato di
un capitalismo finanziario definito addirittura «letale» (si veda Department of Economic and Social Affairs, «World Economic and Social Survey 2008: Overcoming Economic Insecurity», United Nations, New York 2008, cap.I, pag.1).
Le destre nazionaliste sempre più
popolari in Europa rappresentano l’acme di questo disagio, a tal punto palese
che persino il «Corriere della Sera» è costretto ad ammettere che l’estremismo
riesce a trionfare in Polonia soltanto «promettendo assegni familiari, età
pensionabile più bassa, assistenza gratuita agli over 75, tasse alle
multinazionali» e via crescendo in quello che a primo acchito apparirebbe come
il più genuino tra i programmi di sinistra (da F. Battistini sul «Corriere della Sera» del 26/10/2015, pag.6).
L'estremismo islamico è una tipica espressione del disagio sociale |
La possibilità che in reazioni al
dominio del capitale potessero sorgere non uno, bensì due movimenti antagonisti
– uno di tipo democratico, l’altro di tipo autoritario – lo aveva già intuito
uno studioso come Karl Polanyi, il quale affermava avvalendosi di un contesto
per molti aspetti paragonabile a quello odierno:
«Per un secolo la dinamica della
società moderna fu governata da un doppio movimento: il mercato si espandeva
continuamente ma questo movimento si incontrava con uno opposto che controllava
l’espansione in determinate direzioni. Per quanto vitale fosse questo secondo
movimento per la protezione della società, esso era in ultima analisi
incompatibile con l’autoregolazione del mercato e quindi con lo stesso sistema
di mercato.
Questo sistema si sviluppava a
salti e balzi, inghiottiva spazio e tempo e creando moneta per mezzo del
credito bancario produceva una dinamica finora sconosciuta…Un nuovo modo di
vita si diffuse su tutto il pianeta con una pretesa di universalità che era senza
confronti dall’epoca degli inizi del cristianesimo; questa volta tuttavia il
movimento era a un livello puramente materiale.
Simultaneamente nasceva un contromovimento
che era qualcosa di più del solito comportamento difensivo di una società che
si trovi di fronte a un mutamento; era una reazione contro uno sconvolgimento
che attaccava il tessuto della società e che avrebbe distrutto l’organizzazione
stessa della produzione che il mercato aveva creato» (da K. Polanyi, «La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca», 1944, Einaudi, Torino 1974, pag.168).
L’auspicato «contromovimento»
poteva però assumere una forma dittatoriale, la quale «promette di metter fine
al dominio distruttivo dei mercati, ma minaccia di farlo con mezzi fascisti»
(da M. Bienefeld, «Suppressing the Double Movement to Secure the Dictatorship of Finance», in A. Buğra e K. Ağartan, «Reading Karl Polanyi for the Twenty-First Century», pag.14) oltretutto, qui sta il nocciolo, incontrando il favore del capitale stesso
timoroso di trovarsi al governo un «contromovimento» democratico ben più
insidioso per i suoi interessi.
Il "Purple Trolley" di Liz West |
Incanalando l’onda non più
domabile di reazione all’assetto economico verso un’opposizione meno pericolosa
per i propri affari e maggiormente concentrata nella ricerca d’indifesi
capri espiatori (immigrati soprattutto), i potentati economici hanno modo di
godere di maggiori chance di sopravvivenza: un copione già sperimentato,
peraltro, nell’Italia degli anni Venti e nella Germania degli anni Trenta.
La ferma speranza è di non
arrivare mai a questo punto, per quanto l’occupazione mediatica a cui viene
sottoposto Salvini lascia trapelare quantomeno il desiderio d’incoronare
l’aberrante segretario leghista come unica opposizione concepibile.
Non resta che dimostrare quanto
in realtà esista anche un’altra opposizione, quel contromovimento democratico
così tanto temuto.
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