giovedì 20 marzo 2014

Berlusconi. Miti, leggende e aneddoti di un pregiudicato





La giustizia italiana ha concluso l’iter del processo sulla compravendita dei diritti televisivi Mediaset: la Corte di Cassazione ha stabilito anche la pena accessoria, consistente in due anni di interdizione dai pubblici uffici per l’imputato Silvio Berlusconi. All’atto pratico, ciò significa che per due anni l’ex-Cavaliere non potrà votare, non avrà alcun diritto politico, non potrà candidarsi, dovrà rinunciare a titoli accademici, decorazioni e ogni riconoscenza ottenuta e si vedrà negare qualunque tipo di stipendio da parte dello Stato. In realtà questa sentenza non cambia di molto la situazione in cui viveva prima: l’unica cosa che a Berlusconi interessa veramente, la possibilità di candidarsi, gli era stata già negata con l’applicazione della legge Severino.
Insomma, l’ultima sentenza della Cassazione non mostra nulla di nuovo sotto al sole: Berlusconi era un pregiudicato prima e lo è anche ora, era incandidabile prima e lo è anche ora. Il vero trauma era stata la sentenza del primo agosto, probabilmente il momento più drammatico della sua esistenza. Per mesi Berlusconi ha condotto la sua esistenza trascinandosi giorno e notte in giro per la sua tenuta di Arcore, dilaniato e tormentato da dubbi, rigonfio di rancore, con atteggiamenti e propositi altalenanti al limite della schizofrenia. L’unica vera compagnia: il suo inseparabile barboncino bianco, l’unico essere vivente da cui Berlusconi si sentiva amato e protetto in maniera sincera. Una solitudine che si è trasformata presto in vulnerabilità: proprio lui, così astuto e calcolatore, per mesi si è lasciato plagiare da persone il cui unico interesse era quello di vedersi garantita una poltrona di prestigio; i giornalisti li hanno soprannominati «falchi», indicando con quel termine la corrente del partito che, sfruttando il rancore dell’ex-premier, lo volevano spingere con argomentazioni ridicole ma di grande impatto psicologico («non puoi stare al governo con chi ti vorrebbe in galera») a lasciare il tavolo della maggioranza del governo, facendo cadere l’esecutivo e portando il Paese a nuove elezioni. Interessante notare come questi falchi provengano quasi tutti da formazioni politiche secondarie e molti di essi (vedi Santanché, vedi Capezzone) fino a pochi anni fa non lesinavano aspri giudizi nei confronti di Berlusconi; appare assai strano che tutta questa apprensione per l’ex-premier derivi da un sincero moto di pietà umana. La cosa più sconcertante è come Berlusconi si sia lasciato notevolmente influenzare da questi personaggi, al punto che una sera lo stesso Berlusconi afferrò per le spalle la Santanché e, guardandola negli occhi, le disse: «Daniela, tu sei l’unico vero uomo presente nel mio partito».
Nonostante i moniti e i consigli della famiglia, dei vertici delle sue aziende e di una larga fetta del partito, Berlusconi, in preda a quello che Confalonieri definirà un «blackout» psicologico, finirà per commettere l’errore più grossolano della sua carriera politica decidendo di assecondare pienamente i falchi, una decisione catastrofica i cui effetti si sentono ancora oggi. In seguito alla decadenza dalla carica di senatore, Berlusconi decide di abbandonare la maggioranza del governo. C’è però un piccolo inconveniente: quasi un terzo dei suoi parlamentari non lo segue, fonda un partito autonomo (il Nuovo Centrodestra) e decide di garantire la continuità della legislatura, consegnando all’allora governo Letta i numeri necessari per proseguire l’azione di governo.
Berlusconi sceglie quindi di ghettizzarsi e di condannarsi a un ruolo marginale, passando le giornate guardando le carte dei processi e cercando di placare le ambizioni personali di un partito che non riesce più a governare. Finché stava nella maggioranza, Berlusconi dettava l’agenda di governo, aveva un forte potere di veto, poteva fare il suo buono e cattivo tempo. Passando all’opposizione, ma con il governo tenuto in piedi grazie a una fronda di suoi ex-fedelissimi, si è condannato all’irrilevanza politica, affidando all’opinione pubblica l’immagine di un irresponsabile egocentrico che ha tentato di trascinare il Paese alle urne (all’epoca c’era ancora il Porcellum) anteponendo i suoi personali guai giudiziari ai problemi degli italiani.
Poteva essere la sua fine politica, ma una bomba era destinata a scoppiare nel cuore del panorama politico; una bomba chiamata Matteo Renzi. L’8 dicembre Renzi diventa segretario del Partito democratico dopo aver incassato quasi due milioni di voti alle primarie del partito. Una notizia che, a primo impatto, potrebbe essere la pietra tombale dell’ex-premier: Renzi è l’unico personaggio in grado di travolgere la destra alle elezioni ed è per questo che il leader di Forza Italia, pur provandone simpatia, lo ha sempre temuto. Non è un caso che Berlusconi abbia deciso di correre per la campagna elettorale 2013 solo dopo la sconfitta di Renzi alle primarie del Pd e non è un caso che sia stato proprio Berlusconi a opporsi quando è stato fatto il nome di Renzi come premier del governo di larghe intese.
La situazione però sarà destinata a cambiare: di lì a poche settimane Renzi diventerà indispensabile per Berlusconi e Berlusconi diventerà indispensabile per Renzi. Il fulcro attorno a cui ruotano tutte le trattative è la riforma della legge elettorale: Renzi vuole una legge maggioritaria che scacci via i piccoli partiti; le forze politiche che tengono in vita la maggioranza di governo (per lo più partitini) non condividono per nulla questa impostazione: fare un testo di legge elettorale con loro finisce per diventare il solito giochino di ricatti da parte di questo o di quell’altro. Bisogna quindi trovare l’appoggio di una consistente forza d’opposizione, e l’unica forza d’opposizione a condividere l’idea renziana è proprio Forza Italia. L’asse tra Renzi e Berlusconi, dopo settimane di trattative, viene sancito in un incontro svolto nella sede centrale del Pd. Sorprendente la reazione di una parte del Pd, scandalizzata che un pregiudicato possa discutere della riforma. Assai sorprendente se si considera che il Pd aveva sostenuto fino allo stremo che Berlusconi, nonostante la condanna, dovesse continuare a sostenere l’esecutivo; sorprendente, se si ricorda che il Pd aveva smosso mari e monti per cercare di combinare un colloquio tra l’allora segretario Bersani e il pregiudicato Beppe Grillo (progetto mai portato a termine).
Berlusconi torna quindi al centro della scena politica, ma il prezzo è comunque alto: intanto ha dovuto cedere su alcuni punti della legge elettorale (in primis il doppio turno), poi è cosciente che Renzi è liberissimo di stipulare nuovi accordi con il Ncd senza che FI abbia la possibilità di far saltare la riforma. Questa seconda preoccupazione è però alquanto infondata: Renzi non ha la minima intenzione di mettere Berlusconi in un angolo. Ora che è diventato Presidente del Consiglio, il tacito appoggio dell’ex-premier gli può sempre tornare utile: i voti di Forza Italia (o almeno di una parte di essi) servono a Renzi come maggioranza alternativa in grado di far tacere i ricatti dell’eterogenea e risicata «maggioranza ufficiale» di governo. Non a caso Renzi ha piazzato al governo alcune figure non ostili a Berlusconi come il ministro dello Sviluppo Economico e i sottosegretari alla Giustizia.
In molti, naturalmente, non vedono di buon occhio questa nuova bizzarra veste che ricopre l’ex-premier; Letta, quando era Primo Ministro, aveva fatto cenno ad una possibile legge sul conflitto d’interessi (dimenticando che Berlusconi, in quanto incandidabile, se ne fa un baffo di quella legge); una fetta del Pd sta cercando ogni argomento possibile, vedi parità di genere, per far saltare l’accordo sulla legge elettorale; c’è chi dice che anche la scelta autonoma di Grasso di dichiarare il Senato «parte civile» all’interno del processo contro Berlusconi sulla compravendita di parlamentari sia stata dettata dal desiderio di seminare zizzania attorno all’asse Renzi-Berlusconi…

P.S.: In molti hanno favoleggiato su una possibile grazia promessa dal Presidente della Repubblica. Una grazia che, anche se attuata, non andrebbe a intaccare le pene accessorie, ossia quelle che stanno più a cuore a Berlusconi. È vero che il Capo dello Stato avrebbe la possibilità di fare una «grazia tombale» che includa anche le pene accessorie, ma casi del genere hanno ben pochi precedenti.
P.P.S.: Discorso analogo riguarda l’amnistia/indulto. Le amnistie, generalmente, non sono mai andate ad intaccare i reati finanziari come quelli di cui si è macchiato Berlusconi. L’indulto (difficilmente applicabile a Berlusconi in quanto ha già usufruito dell’indulto del 2006) non estingue il reato, di conseguenza gli effetti della legge Severino rimarrebbero intatti. In poche parole, dire che un intervento a favore dei detenuti servirebbe per salvare Berlusconi è una sciocchezza bella e buona.

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