domenica 16 marzo 2014

Quanto ci costa il Cnel





In queste settimane dobbiamo tenerci pronti: i tagli alla spesa pubblica saranno belli pesanti. Esclusi interventi sulle già martoriate pensioni, escluse nuove tasse (fatta eccezione per l’aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie) e con la possibilità che l’Europa non accetti nuovo indebitamento, di fatto le misure che verranno intraprese da Renzi verranno coperte interamente da tagli alla spesa pubblica. Se le burocrazie e le lobby che per anni hanno tenuta avvinghiata l’attività di governo allenteranno la loro pressione non è escluso che si possa fare un bel disboscamento.
Tra i primi interventi proposti da Cottarelli (responsabile della spending review) e apprezzati dal premier (che sul tema si era già espresso intorno a novembre) c’è la chiusura di un bizzarro organo di rilievo costituzionale che prende il nome di Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, il Cnel. Alla fine di gennaio il renziano Dario Nardella ha annunciato un disegno di legge per eliminarlo dalla Costituzione; un’idea nemmeno originale, se si considera che un’iniziativa simile era già stata proposta dal Nuovo Centrodestra. Non solo: sull’inefficienza del Cnel il 24 gennaio era stato inviato un rapporto all’allora primo ministro Letta da parte dell’Organismo indipendente di valutazione. Ma di cosa si occupa questo organo? Ufficialmente questo ente «ha competenza sulla legislazione economica e sociale. Svolge funzioni consultive per il governo, le Camere e le Regioni, e ha diritto all’iniziativa legislativa». Una formula assai vaga, che ha costretto gli esperti dell’Organismo di valutazione a giudicare «smisurato» il numero di argomenti che il Cnel affronta. Oltretutto, sempre secondo questo rapporto, la Costituzione «non identifica il Cnel come un ente di studio e ricerca». Di conseguenza non si sa di preciso quale sia la sua funzione.
Nato nel 1958 con lo scopo di favorire accordi tra le parti sociali, non svolge più questo ruolo da ormai quarant’anni. Secondo il sito ufficiale, nei suoi quasi sessant’anni di onorata carriera il Cnel ha «elaborato 970 documenti» e 14 disegni di legge (ovviamente mai messi in pratica). Non esattamente degli stakanovisti i 64 membri del Cnel (a cui si aggiunge il presidente). Vabbè, direte voi, può darsi che i temi affrontati siano di una delicatezza tale da richiedere molto tempo per essere analizzati. Niente affatto: i documenti affrontano argomenti come «l’organizzazione industriale del settore idrico integrato», snocciolano dati sul recepimento delle direttive sui Comitati aziendali europei, discettano statistiche sul trasporto merci e poco più. Argomenti importanti, per l’amor di Dio, ma non tali da richiedere mediamente un mese e mezzo di lavoro e, soprattutto, (se il Cnel avesse sempre avuto lo stesso costo che ha ora) non tali da costare alla cittadinanza più di un milione di euro cadauno.
Lo sperperio di quest’organo ha infatti dell’incredibile; anno dopo anno, in barba alla crisi economica, i denari pubblici conferiti a questo organo lievitano come pasta di pane rendendone sempre più insostenibile il mantenimento. Nel 2006 erano stati conferiti 15 milioni, nel 2013 (tenetevi forti) siamo arrivati a 19 milioni 370.333 euro. Nel 2012 il numero dei consiglieri è stato dimezzato, eppure questo non ha comportato alcun tipo di risparmio. Si può sapere dove va a finire questo torrente di quattrini pubblici? Innanzitutto c’è da precisare che, pur con tutta la buona volontà, il Cnel non riesce a spenderli tutti: ogni anno mediamente 10 milioni vengono accumulati senza che a nessuno venga in mente di restituirli al Tesoro. E gli altri danari? Tra il 2008 e il 2013 il Cnel ha speso 4 milioni 533.000 euro per consulenze o contratti rivolti a società, centri studi o singole persone (rigorosamente senza gara, il che fa sospettare non poco su come vengano scelti i beneficiari dei contratti). Poi c’è la parte degli stipendi: il presidente Marzano riceve annualmente 213mila euro (a cui si aggiunge il vitalizio da ex-parlamentare di Forza Italia), i vicepresidenti Enrico Postacchini (di Confcommercio) e Salvatore Bosco (della Uil) si accontentano di 3.500 euro mensili mentre gli altri 62 consiglieri ricevono 2.130 euro al mese. Uno stipendio che ovviamente non basta per sostenere le spese di viaggio verso Roma (dove il Consiglio si riunisce una volta al mese a Villa Lubin, nel quartiere chic dei Parioli). Spese di viaggio che ammontano complessivamente a 600mila euro annui.
Roma però non è l’unica destinazione dei viaggi di lavoro di questi consiglieri: sempre tra il 2008 e il 2013 lo Stato ha speso 964mila euro per le missioni dei consiglieri all’estero e qualcosa come 110mila euro per i viaggi in Italia. Manco Papa Wojtyła ha speso così tanto per i suoi viaggi: dal 2008 ci sono state 147 missioni ufficiali del Cnel all’estero; il solo presidente Marzano a partire dal 2005 (anno del suo insediamento) ha fatto la bellezza di 92 viaggi fuori dall’Italia, il che vuol dire grosso modo una trasferta al mese. Conferenze, convegni, incontri, riunioni…i consiglieri del Cnel non se ne fanno sfuggire nemmeno uno.
Gli sprechi naturalmente non si fermano qui: nel 2013 sono stati spesi 8 milioni 543.000 euro per «spese per l’espletamento delle funzioni istituzionali»; formula assai bizzarra che rende assai misterioso il modo in cui siano stati utilizzati quei fondi. Ancora: 1,5 milioni per «pubblicità, comunicazione e relazioni istituzionali». Oppure: oltre ai 97 dipendenti (che costano circa 4,6 milioni all’anno) nel 2012 sono stati distribuiti 562mila euro per la retribuzione degli addetti al presidente e ai due vicepresidenti, addetti ovviamente «esterni alla pubblica amministrazione».
I revisori del Cnel, manco a dirlo, sono scelti fra i consiglieri stessi; di conseguenza non ci si può aspettare nessun segnale virtuoso da parte loro.
La Corte dei Conti ha provato a scalfire questa montagna di sperperio: l’anno scorso ha aperto un’indagine denunciando come l’assegnazione di incarichi esterni da parte del Cnel avvenga senza rispettare le leggi in vigore. A partire dal gennaio 2013 il procuratore della Corte dei Conti Angelo De Dominicis ha aperto un fascicolo avente come titolo «Vertenza 2011-01138 – Sprechi plurimi» che deve verificare la fondatezza di tre accuse: incarichi di consulenza «illegittimamente conferiti», contratti di ricerca «illegittimamente stipulati» e oneri di missione «illegittimamente liquidati». Per tale scopo si è svolta un’accurata ricerca in tutti i libri contabili del Cnel, i cui risultati più eclatanti sono stati riportati in questo articolo.
Oltre il danno, la beffa: il presidente Marzano ha fatto faville per impedire che la Corte dei Conti andasse a sbirciare tra i bilanci del suo Cnel; si è rivolto a praticamente tutti gli organi di vigilanza, dall’Avvocatura dello Stato al Consiglio di Stato, propugnando la tesi secondo cui il rispetto delle regole sui contratti pubblici da parte del Cnel «appare incompatibile con l’espletamento delle funzioni istituzionali che la Costituzione intesta a questo Consiglio e pertanto le stesse disposizioni di legge appaiono lesive della sfera di autonomia di cui questo Organo deve necessariamente disporre». A voi le conclusioni.
Questo autentico parcheggio per politici e sindacalisti è stato recentemente al centro di un’altra vicenda: Mariano Bonaccorso, responsabile per la trasparenza del Cnel, ha spedito intorno a fine gennaio una segnalazione all’Autorità nazionale anticorruzione denunciando che (in aperta violazione della legge) non è ancora stata pubblicata su internet la situazione patrimoniale del Cnel: «i titolari di incarichi politici», si legge (e il riferimento è al presidente Marzano), non hanno ancora «comunicato tali dati per la relativa pubblicazione (…) nonostante il sollecito». Anche in questo caso Marzano si è dato da fare rivolgendosi al Consiglio di Stato per chiedere l’esenzione da quest’onere.
Speriamo che tutte queste storie si concludano al più presto con la chiusura del Cnel, i cui sprechi non sono più tollerabili(1).

---------------------------------------

(1) le varie informazioni riportate sono state estrapolate da tre articoli: quello di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul «Corriere della Sera» del 31/10/2013, quello di Sergio Rizzo sul «Corriere della Sera» del 06/02/2014 e quello di Sergio Rizzo sul «Corriere della Sera» del 13/03/2014

Nessun commento:

Posta un commento