In queste settimane dobbiamo tenerci pronti: i tagli alla
spesa pubblica saranno belli pesanti. Esclusi interventi sulle già martoriate
pensioni, escluse nuove tasse (fatta eccezione per l’aumento delle aliquote
sulle rendite finanziarie) e con la possibilità che l’Europa non accetti nuovo
indebitamento, di fatto le misure che verranno intraprese da Renzi verranno
coperte interamente da tagli alla spesa pubblica. Se le burocrazie e le lobby
che per anni hanno tenuta avvinghiata l’attività di governo allenteranno la
loro pressione non è escluso che si possa fare un bel disboscamento.
Tra i primi interventi proposti da Cottarelli (responsabile
della spending review) e apprezzati dal premier (che sul tema si era già
espresso intorno a novembre) c’è la chiusura di un bizzarro organo di rilievo costituzionale
che prende il nome di Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, il Cnel. Alla
fine di gennaio il renziano Dario Nardella ha annunciato un disegno di legge
per eliminarlo dalla Costituzione; un’idea nemmeno originale, se si considera
che un’iniziativa simile era già stata proposta dal Nuovo Centrodestra. Non
solo: sull’inefficienza del Cnel il 24 gennaio era stato inviato un rapporto
all’allora primo ministro Letta da parte dell’Organismo indipendente di
valutazione. Ma di cosa si occupa questo organo? Ufficialmente questo ente «ha
competenza sulla legislazione economica e sociale. Svolge funzioni consultive
per il governo, le Camere e le Regioni, e ha diritto all’iniziativa legislativa».
Una formula assai vaga, che ha costretto gli esperti dell’Organismo di
valutazione a giudicare «smisurato» il numero di argomenti che il Cnel
affronta. Oltretutto, sempre secondo questo rapporto, la Costituzione «non
identifica il Cnel come un ente di studio e ricerca». Di conseguenza non si sa
di preciso quale sia la sua funzione.
Nato nel 1958 con lo scopo di favorire accordi tra le parti
sociali, non svolge più questo ruolo da ormai quarant’anni. Secondo il sito
ufficiale, nei suoi quasi sessant’anni di onorata carriera il Cnel ha
«elaborato 970 documenti» e 14 disegni di legge (ovviamente mai messi in
pratica). Non esattamente degli stakanovisti i 64 membri del Cnel (a cui si aggiunge
il presidente). Vabbè, direte voi, può darsi che i temi affrontati siano di una
delicatezza tale da richiedere molto tempo per essere analizzati. Niente
affatto: i documenti affrontano argomenti come «l’organizzazione industriale
del settore idrico integrato», snocciolano dati sul recepimento delle direttive
sui Comitati aziendali europei, discettano statistiche sul trasporto merci e
poco più. Argomenti importanti, per l’amor di Dio, ma non tali da richiedere
mediamente un mese e mezzo di lavoro e, soprattutto, (se il Cnel avesse sempre
avuto lo stesso costo che ha ora) non tali da costare alla cittadinanza più di
un milione di euro cadauno.
Lo sperperio di quest’organo ha infatti dell’incredibile;
anno dopo anno, in barba alla crisi economica, i denari pubblici conferiti a
questo organo lievitano come pasta di pane rendendone sempre più insostenibile
il mantenimento. Nel 2006 erano stati conferiti 15 milioni, nel 2013 (tenetevi
forti) siamo arrivati a 19 milioni 370.333 euro. Nel 2012 il numero dei
consiglieri è stato dimezzato, eppure questo non ha comportato alcun tipo di
risparmio. Si può sapere dove va a finire questo torrente di quattrini
pubblici? Innanzitutto c’è da precisare che, pur con tutta la buona volontà, il
Cnel non riesce a spenderli tutti: ogni anno mediamente 10 milioni vengono
accumulati senza che a nessuno venga in mente di restituirli al Tesoro. E gli
altri danari? Tra il 2008 e il 2013 il Cnel ha speso 4 milioni 533.000 euro per
consulenze o contratti rivolti a società, centri studi o singole persone
(rigorosamente senza gara, il che fa sospettare non poco su come vengano scelti
i beneficiari dei contratti). Poi c’è la parte degli stipendi: il presidente
Marzano riceve annualmente 213mila euro (a cui si aggiunge il vitalizio da
ex-parlamentare di Forza Italia), i vicepresidenti Enrico Postacchini (di
Confcommercio) e Salvatore Bosco (della Uil) si accontentano di 3.500 euro
mensili mentre gli altri 62 consiglieri ricevono 2.130 euro al mese. Uno
stipendio che ovviamente non basta per sostenere le spese di viaggio verso Roma
(dove il Consiglio si riunisce una volta al mese a Villa Lubin, nel quartiere
chic dei Parioli). Spese di viaggio che ammontano complessivamente a 600mila
euro annui.
Roma però non è l’unica destinazione dei viaggi di lavoro di
questi consiglieri: sempre tra il 2008 e il 2013 lo Stato ha speso 964mila euro
per le missioni dei consiglieri all’estero e qualcosa come 110mila euro per i
viaggi in Italia. Manco Papa Wojtyła ha speso così tanto per i suoi viaggi: dal
2008 ci sono state 147 missioni ufficiali del Cnel all’estero; il solo presidente
Marzano a partire dal 2005 (anno del suo insediamento) ha fatto la bellezza di
92 viaggi fuori dall’Italia, il che vuol dire grosso modo una trasferta al
mese. Conferenze, convegni, incontri, riunioni…i consiglieri del Cnel non se ne
fanno sfuggire nemmeno uno.
Gli sprechi naturalmente non si fermano qui: nel 2013 sono
stati spesi 8 milioni 543.000 euro per «spese per l’espletamento delle funzioni
istituzionali»; formula assai bizzarra che rende assai misterioso il modo in
cui siano stati utilizzati quei fondi. Ancora: 1,5 milioni per «pubblicità,
comunicazione e relazioni istituzionali». Oppure: oltre ai 97 dipendenti (che
costano circa 4,6 milioni all’anno) nel 2012 sono stati distribuiti 562mila
euro per la retribuzione degli addetti al presidente e ai due vicepresidenti,
addetti ovviamente «esterni alla pubblica amministrazione».
I revisori del Cnel, manco a dirlo, sono scelti fra i
consiglieri stessi; di conseguenza non ci si può aspettare nessun segnale
virtuoso da parte loro.
La Corte
dei Conti ha provato a scalfire questa montagna di sperperio: l’anno scorso ha
aperto un’indagine denunciando come l’assegnazione di incarichi esterni da
parte del Cnel avvenga senza rispettare le leggi in vigore. A partire dal
gennaio 2013 il procuratore della Corte dei Conti Angelo De Dominicis ha aperto
un fascicolo avente come titolo «Vertenza 2011-01138 – Sprechi plurimi» che
deve verificare la fondatezza di tre accuse: incarichi di consulenza
«illegittimamente conferiti», contratti di ricerca «illegittimamente stipulati»
e oneri di missione «illegittimamente liquidati». Per tale scopo si è svolta
un’accurata ricerca in tutti i libri contabili del Cnel, i cui risultati più
eclatanti sono stati riportati in questo articolo.
Oltre il danno, la beffa: il presidente Marzano ha fatto
faville per impedire che la
Corte dei Conti andasse a sbirciare tra i bilanci del suo
Cnel; si è rivolto a praticamente tutti gli organi di vigilanza,
dall’Avvocatura dello Stato al Consiglio di Stato, propugnando la tesi secondo
cui il rispetto delle regole sui contratti pubblici da parte del Cnel «appare
incompatibile con l’espletamento delle funzioni istituzionali che la Costituzione intesta
a questo Consiglio e pertanto le stesse disposizioni di legge appaiono lesive
della sfera di autonomia di cui questo Organo deve necessariamente disporre». A
voi le conclusioni.
Questo autentico parcheggio per politici e sindacalisti è
stato recentemente al centro di un’altra vicenda: Mariano Bonaccorso,
responsabile per la trasparenza del Cnel, ha spedito intorno a fine gennaio una
segnalazione all’Autorità nazionale anticorruzione denunciando che (in aperta
violazione della legge) non è ancora stata pubblicata su internet la situazione
patrimoniale del Cnel: «i titolari di incarichi politici», si legge (e il
riferimento è al presidente Marzano), non hanno ancora «comunicato tali dati
per la relativa pubblicazione (…) nonostante il sollecito». Anche in questo
caso Marzano si è dato da fare rivolgendosi al Consiglio di Stato per chiedere
l’esenzione da quest’onere.
Speriamo che tutte queste storie si concludano al più presto
con la chiusura del Cnel, i cui sprechi non sono più tollerabili(1).
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(1) le varie informazioni riportate sono state estrapolate
da tre articoli: quello di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul «Corriere
della Sera» del 31/10/2013, quello di Sergio Rizzo sul «Corriere della Sera»
del 06/02/2014 e quello di Sergio Rizzo sul «Corriere della Sera» del
13/03/2014
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