giovedì 18 febbraio 2016

Sui diritti civili la grande assente è la politica

Il ddl sui diritti omosessuali avrebbe portato l’Italia verso una maggiore maturità, ma lo spettacolo parlamentare che ci viene offerto in queste ore consegna l’immagine diametralmente opposta della più impacciata imperizia, della più superficiale incapacità, della più disarmante titubanza.

«Ci fanno o ci sono?» viene da domandarsi, ma questa volta senza ironia né retorica; al contrario caricando la domanda con la massima ponderatezza: cosa spinge la Lega Nord a lasciare inalterati cinquecento emendamenti la gran parte privi di ogni contributo al dibattito? Cosa spinge il Pd a
Monica Cirinnà (Pd), che dà il nome al ddl sulle unioni civili
premere il grilletto di una misura così pesante e foriera di discussioni come il «canguro», senza alcuna considerazione per la massima cautela che dovrebbe accompagnare il passaggio in Aula di un testo appoggiato da una maggioranza così fragile e inusuale? Cosa spinge i 5 Stelle a non chiarire mai in misura definitiva la propria effettiva posizione sul ddl e sui suoi metodi d’approvazione?


La risposta va ricercata nel convitato di pietra dell’intera discussione: il sondaggio. La politica, che in una nazione civile dovrebbe rappresentare la guida autorevole e lungimirante (assai lontani sono i tempi in cui l’Assemblea Costituente arrivava persino a dimenticare i pesanti sconvolgimenti internazionali pur di consegnare all’Italia una Carta innervata di diritti e tutele universali), occupa gran parte della sua attività ad adeguarsi alle paure, alle tendenze e ai vizi più promettenti dal punto di vista – estremamente miope – delle prossime consultazioni elettorali.

Ne esce una narrazione ormai monocorde, superficiale e intrisa di una logica populista che vede nel cleavage tra «popolo» e «casta» l’unico oggetto polemico di una campagna elettorale infinita la quale, appunto, appena si trova a doversi confrontare con temi oggettivamente divisivi, si scopre vacillante; scoperchiando come nel vaso di Pandora tutta la risibile inconsistenza di una classe politica che alla ricerca di un consenso unanime (il «partito della nazione» è una tentazione bipartisan) sceglie di non scegliere. Preferisce lanciare segnali ambigui. Si dimostra disposta ad applicare formule agli apici dell’astrusità burocratica. Si lava le mani come Ponzio Pilato, nella speranza che qualche deus-ex-machina provveda a sbrogliare la matassa o a prestarsi come capro espiatorio.



Qui, prima ancora del rifiuto della mediazione, c’è il rifiuto del conflitto: la politica si ostina a non voler farsi interprete di precisi e delineati segmenti sociali, assecondando unicamente le ataviche pulsioni anti-istituzionali (e anti-democratiche) di un popolo che privato degli spazi di partecipazione diviene troppo spesso incline a riportare in auge i più nefasti retaggi dell’oscurantismo cattolico; in questo purtroppo agevolato da apparati informativi anch’essi incapaci di assumersi un ruolo educativo (basti pensare che nei primi due anni di pontificato di Benedetto XVI il Tg1 dedicò alle gerarchie vaticane due volte e mezzo il tempo dedicato alla Presidenza della Repubblica) e, di conseguenza, ridotto al ruolo di – troppo spesso compiaciuto - consumatore passivo. «Carne da sondaggio», o peggio ancora «carne da slide» e «carne da tweet» come direbbe qualcuno.

Destinatario di bonus, mance o «redditi di cittadinanza» senza alcuna visione ma non titolare di un’attiva funzione promotrice; non depositario di diritti; non protagonista della brulicante (e intensa,
perché negarlo) vita democratica.


Se la politica s’inaridisce, la cittadinanza diviene più immatura ed esposta ad interpretare l’attività legislativa con una visione populistica (spesso autoritaria) e/o finalizzata al particulare. Se la cittadinanza non esercita effettivi controlli provvederanno altri poteri più consolidati (in primis economici) a far valere le proprie ragioni, sortendo in tal modo risultati grami per l'assetto democratico. Soprattutto dal punto di vista della perdita dei diritti sociali, ma anche (di conseguenza) per quanto riguarda la perdita dei diritti politici e non ultimi – come vediamo – in molti casi l’impossibilità di accedere ai più basilari diritti civili

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