domenica 5 gennaio 2014

Le unioni che dividono

Con la consueta schietta ironia, Massimo Gramellini scriveva su «La Stampa» qualche mese fa: «Il sindaco di Firenze, una volta conquistato il partito, sosterrà con forza il governo, non vede l’ora. A condizione che Letta realizzi i pochi, semplici punti del programma che il nuovo Pd di Renzi gli indicherà: abolizione del Senato, delle Province, della disoccupazione giovanile e della fame nel mondo; riduzione del numero dei parlamentari e delle apparizioni video della Camusso, taglio delle tasse e accorciamento dei baffi e della spocchia di D’Alema, assunzione di un milione di dipendenti pubblici senza raccomandazioni, superamento dell’effetto serra e degli ingorghi nei centri storici, assegnazione dello scudetto alla Fiorentina, ritrovamento della pietra filosofale. Naturalmente Renzi non sarà così ingeneroso da pretendere che queste piccole riforme vengano realizzate tutte d’un colpo, pena la caduta del governo. Letta avrà ben 48 ore di tempo a disposizione»(1).
Non era andato molto distante dalla realtà.
La voglia irrefrenabile di voler affrontare un tema etico palesemente divisivo come le unioni civili ne è la prova lampante. Anche un bambino capirebbe che un esecutivo fondato sull’unione (traballante, fra l’altro) di anime e tradizioni diametralmente opposte non potrà mai partorire un testo condiviso su un tema così spinoso. E se ci aggiungiamo che i partiti della maggioranza siano tutti (dicasi tutti) in preda a tumulti e profondi mutamenti interni, il desiderio di affrontare un argomento del genere diventa semplicemente illusorio. Sarebbe come se un conclave cardinalizio eleggesse una prostituta, tanto per intenderci.
È chiaro che lo scopo di Renzi sia quello di trasmettere l’idea di un Pd vispo, vivace, dinamico e aperto, ed è assolutamente lodevole il fatto che ci sia il desiderio di affrontare un tema così importante (siamo l’unico paese dell’Europa occidentale a non avere una legislazione in materia: persino Slovenia, Ungheria e Repubblica Ceca permettono le unioni civili)(2), però questo non è il momento per farlo.
Questo governo, per il 2014, ha già un programma ambizioso (riforma del Titolo V della Costituzione, abolizione delle Province, abolizione del Senato, riforma della legge elettorale in primis) e mettersi a discutere di unioni civili e immigrazione non farebbe altro che lacerare i rapporti tra i vari partiti e comportare perdite di tempo.
Il sospetto è che Renzi voglia affrontare la questione trovando l’appoggio del MoVimento 5 Stelle(3), ma Grillo, nei confronti dei partiti, ha sempre ostentato un netto rifiuto per qualunque tipo di accordo ed è quasi sicuro che si opporrebbe anche a queste proposte (inoltre, considerata la voglia dell’ex-comico di fare rifornimento di voti dal bacino elettorale della destra, non mi sorprenderebbe se, oltre a una questione di metodo, opponesse una questione di merito).
Fatte queste premesse, il problema che vorrei affrontare è un altro: il Pd è pronto ad affrontare un tema come le unioni civili?
Il Partito Democratico nasce nell’ottobre 2007 come un connubio tra Ds (discendente diretto del Partito Comunista) e Margherita (di chiara impronta cattolica). Emanuele Macaluso, uno dei massimi conoscitori della sinistra italiana, ha definito il Pd «un aggregato di diessini che si erano illusi di poter governare il Paese aggregando un pezzo di Dc»(4).
Le ultime primarie hanno comportato una svolta storica all’interno del partito, in quanto, per la prima volta, hanno visto soccombere l’«aggregato di diessini» in favore del «pezzo di Dc».
Renzi ha sempre dimostrato di non avere un grande feeling con l’eredità comunista: in un’intervista rilasciata ad Alfonso Signorini, il sindaco di Firenze dichiarava di conoscere «solo l’inizio» dell’inno «Bandiera Rossa» («Comincia così, Bandiera rossa la trionferà…» e aveva pure sbagliato)(5). Pur rifiutando l’etichetta di «ex-democristiano», Renzi proviene dal mondo dei boy-scout, i suoi miti sono La Pira e Baden-Powell, la sua carriera politica è iniziata facendo il portaborse di Lapo Pistelli (Ppi e in seguito coordinatore della Margherita)(6).
Le unioni civili non sono mai state un caposaldo della componente cattolica del centrosinistra, ed è tutto sommato sorprendente che a proporle sia stato un segretario che proviene proprio da quella tradizione. Ma questa apertura riuscirà a convincere anche gli altri cattolici del Pd? Diciamocelo francamente, le unioni civili sono uno di quei temi che in passato hanno sempre provocato forti dibattiti all’interno dello stesso centrosinistra. I precedenti parlano chiaro: i Pacs (Patti Civili di Solidarietà) furono proposti nel 2002 tramite un ddl del centrosinistra, ma finirono per naufragare, bombardati dalla componente cattolica della coalizione di sinistra. Nel 2007 fu la volta dei Dico (Diritti delle persone Conviventi) ma il governo, appoggiato da una spappolata, agonizzante e risicatissima maggioranza di centrosinistra (era l’ultimo governo Prodi) non riuscì a ottenere nulla di concreto(7).
Visto tutto questo, ben pochi si sono fatti illusioni: il centrosinistra non è il paladino dei temi etici. Alle elezioni politiche di febbraio (secondo l’Osservatorio LaPolis) soltanto il 2,3% degli elettori del Pd aveva scelto il partito per la sua posizione sui temi etici(8).
Che questa sia la volta buona per affrontare il problema senza veti interni? Possibile che i cattolici si siano aperti su questo tema, vista anche la minore intransigenza di Papa Francesco? Può darsi. Finora nel Pd non sono stati segnalati distinguo sull’idea del segretario. Penso che l’ultima dichiarazione in merito sia quella di Beppe Fioroni (paladino dei valori cattolici nel Pd), risalente a metà dicembre: «Il riconoscimento dei diritti delle persone che convivono, a diverso titolo, mi pare una cosa sensata. Basta che non sia un modo per ritirare in ballo il matrimonio o le adozioni»(9).
Roberto Giachetti, renziano della prima ora, si dice tranquillo da questo punto di vista (la dichiarazione risale anch’essa a metà dicembre): «Stavolta è la volta buona. È arrivato uno, Matteo, che se ne frega dei veti. E poi, non solo il 95 per cento del mio partito è favorevole alle unioni civili, ma questo è un tema trasversale. Facciamo ridere l’Europa se non lo affrontiamo»(10).
Insomma, l’ottimismo dilaga.
Forse Renzi è davvero riuscito nel miracolo di unire, sotto le sue insegne, gran parte delle anime interne al Pd. Se davvero il segretario-sindaco avesse ottenuto questo grande risultato non bisogna fare altro che complimentarsi. Sarebbe probabilmente uno dei suoi risultati più consistenti.
Fossi in lui mi accontenterei. Pretendere che anche la destra si apra sui temi etici è davvero troppo.
Macaluso ha dichiarato che dopo le ultime primarie il Pd «è morto, almeno così come era nato»(11). Se il Pd del passato è quello delle agguerrite e chiuse correnti interne che non riusciva ad attirare nuovo elettorato, non ci resta che festeggiarne il decesso.

Il miracolo è stato già fatto.

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(1) da «Matteo Il Conquistatore», pag.149, di Alberto Ferrarese e Silvia Ognibene, ed.2013
(2) da uno schema riportato sul «Corriere della Sera» del 17/12/2013, pag.9
(3) per approfondire: Alessandro Trocino, sul «Corriere della Sera» del 04/01/2014, pag.6
(4) da Aldo Cazzullo, sul «Corriere della Sera» del 10/12/2013, pag.10
(5) ibid.
(6) da «Matteo Il Conquistatore», pag.37, di Alberto Ferrarese e Silvia Ognibene, ed.2013
(7) da uno schema riportato sul «Corriere della Sera» del 17/12/2013, pag.9
(8) Indagine Osservatorio elettorale LaPolis (Univ. di Urbino), marzo 2013 (base: 1528 casi). Il sondaggio, nella sua versione integrale, lo si trova su «Un Salto Nel Voto», pag.40, di Ilvo Diamanti, ed.2013
(9) da Alessandro Trocino, sul «Corriere della Sera» del 17/12/2013, pag.9
(10) ibid.
(11) da Aldo Cazzullo, sul «Corriere della Sera» del 10/12/2013, pag.10

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