martedì 10 novembre 2015

Riprendiamo Polanyi


Domenica a Bologna abbiamo visto concretizzarsi quella «classe esplosiva» (da G. Standing, «Precari. La nuova classe esplosiva», il Mulino, Bologna 2012) rancorosa verso uno stato di perenne insicurezza senza apparenti vie d’uscita. Mentre nel trentennio post-bellico del compromesso keynesiano/fordista la formazione di un efficiente stato sociale e la conquista d’importanti diritti erano in grado d’impedire che l’assetto capitalista seminasse forti disagi sociali, la successiva egemonia indiscussa dei principi del mercato ha sortito il pericoloso effetto di acuire il senso di precarietà senza garantire al contempo alcuna speranza di riscatto (nemmeno quella falsa e scricchiolante offerta dal «socialismo reale»), generando in tal modo il terreno fertile per il rinfocolarsi di rancori spesso sfocianti nella violenza (sugli effetti dell’insicurezza a livello di personalità si veda J. Palmade «L’incertitude comme norme», Puf, Paris 2003, ma anche D. Maharidge, «Journey to Nowhere. The Saga of the New Underclass», Dial Press, Garden City 1985).
Salvini è un leader non inviso all'establishment

La coincidenza, siamo alla fine degli anni Settanta, tra inizio del dissesto dell’Unione Sovietica e rivoluzione khomeinista in Iran testimonia con singolare evidenza quanto le sanguinanti divisioni che ora più che mai lacerano il pianeta altro non siano che nevrotiche reazioni ad un disagio provocato dall’improvviso venir meno di un’alternativa di sistema: fondamentalismi di ogni genere hanno visto la luce negli ultimi anni, millantando divisioni sociali, etniche e religiose utili soltanto a celare la reale posta in gioco, ossia il progredire indisturbato di un capitalismo finanziario definito addirittura «letale» (si veda Department of Economic and Social Affairs, «World Economic and Social Survey 2008: Overcoming Economic Insecurity», United Nations, New York 2008, cap.I, pag.1).

Le destre nazionaliste sempre più popolari in Europa rappresentano l’acme di questo disagio, a tal punto palese che persino il «Corriere della Sera» è costretto ad ammettere che l’estremismo riesce a trionfare in Polonia soltanto «promettendo assegni familiari, età pensionabile più bassa, assistenza gratuita agli over 75, tasse alle multinazionali» e via crescendo in quello che a primo acchito apparirebbe come il più genuino tra i programmi di sinistra (da F. Battistini sul «Corriere della Sera» del 26/10/2015, pag.6).
L'estremismo islamico è una tipica espressione
del disagio sociale

La possibilità che in reazioni al dominio del capitale potessero sorgere non uno, bensì due movimenti antagonistiuno di tipo democratico, l’altro di tipo autoritario – lo aveva già intuito uno studioso come Karl Polanyi, il quale affermava avvalendosi di un contesto per molti aspetti paragonabile a quello odierno:

«Per un secolo la dinamica della società moderna fu governata da un doppio movimento: il mercato si espandeva continuamente ma questo movimento si incontrava con uno opposto che controllava l’espansione in determinate direzioni. Per quanto vitale fosse questo secondo movimento per la protezione della società, esso era in ultima analisi incompatibile con l’autoregolazione del mercato e quindi con lo stesso sistema di mercato.
Questo sistema si sviluppava a salti e balzi, inghiottiva spazio e tempo e creando moneta per mezzo del credito bancario produceva una dinamica finora sconosciuta…Un nuovo modo di vita si diffuse su tutto il pianeta con una pretesa di universalità che era senza confronti dall’epoca degli inizi del cristianesimo; questa volta tuttavia il movimento era a un livello puramente materiale.
Simultaneamente nasceva un contromovimento che era qualcosa di più del solito comportamento difensivo di una società che si trovi di fronte a un mutamento; era una reazione contro uno sconvolgimento che attaccava il tessuto della società e che avrebbe distrutto l’organizzazione stessa della produzione che il mercato aveva creato» (da K. Polanyi, «La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca», 1944, Einaudi, Torino 1974, pag.168).

L’auspicato «contromovimento» poteva però assumere una forma dittatoriale, la quale «promette di metter fine al dominio distruttivo dei mercati, ma minaccia di farlo con mezzi fascisti» (da M. Bienefeld, «Suppressing the Double Movement to Secure the Dictatorship of Finance», in A. Buğra e K. Ağartan, «Reading Karl Polanyi for the Twenty-First Century», pag.14) oltretutto, qui sta il nocciolo, incontrando il favore del capitale stesso timoroso di trovarsi al governo un «contromovimento» democratico ben più insidioso per i suoi interessi.

Il "Purple Trolley" di Liz West

Incanalando l’onda non più domabile di reazione all’assetto economico verso un’opposizione meno pericolosa per i propri affari e maggiormente concentrata nella ricerca d’indifesi capri espiatori (immigrati soprattutto), i potentati economici hanno modo di godere di maggiori chance di sopravvivenza: un copione già sperimentato, peraltro, nell’Italia degli anni Venti e nella Germania degli anni Trenta.
La ferma speranza è di non arrivare mai a questo punto, per quanto l’occupazione mediatica a cui viene sottoposto Salvini lascia trapelare quantomeno il desiderio d’incoronare l’aberrante segretario leghista come unica opposizione concepibile.

Non resta che dimostrare quanto in realtà esista anche un’altra opposizione, quel contromovimento democratico così tanto temuto.

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