giovedì 8 gennaio 2015

Ad personam



Spesso il passato ritorna prepotentemente. Talvolta, ti dà addirittura l’impressione che non sia mai stato dismesso. In molti continuano da anni ad annunciare la fine del berlusconismo: la vicenda del decreto redatto ad hoc per restituire l’innocenza all’ex-Cavaliere dimostra esattamente il contrario, portando alla luce l’amara realtà rappresentata dal fatto che il maleodorante disegno eversivo di trasformare (per usare le parole usate qualche anno fa da Franco Cordero) uno Stato sovrano in una bottega personale ad uso e consumo di Silvio Berlusconi goda di ottima salute.
Per anni l’Italia è stata costretta ad assistere alle manovre più infami finalizzate unicamente a piegare le istituzioni democratiche e repubblicane, in primis la magistratura, alle voglie e ai desideri del leader incontrastato del centrodestra: non dobbiamo eliminare dalla memoria atti legislativi come la depenalizzazione del falso in bilancio, i vari decreti salva-Retequattro, la legge Cirami (pur di raggiungere il traguardo della prescrizione allungando indefinitamente i tempi di un processo, è consentito trasferire i procedimenti da un tribunale all’altro), l’ex-Cirielli (taglio non indifferente ai tempi della prescrizione, con benefici quasi immediati sul processo Mills), la legge Frattini, la legge che permette di erigere un cimitero nella propria abitazione (essenziale per la dimora di Arcore), la legge che copre col segreto di Stato la costruzione di un approdo diretto a villa Certosa, il processo breve, la legge Pecorella (scritta in persona dall’avvocato di Berlusconi) e svariati altri provvedimenti che talvolta solo l’intervento del Capo dello Stato e della Corte Costituzionale hanno impedito che infliggessero l’ennesima frustata allo Stato di diritto.
Una deriva oscena (figlia diretta di un dissesto morale rinvigoritosi con gran tripudio negli anni Ottanta), quasi sempre priva di autentiche alternative o di reali segnali di discontinuità: il disprezzo per le regole e l’insofferenza verso i doveri civici rappresentano oramai una metastasi sempre più invasiva di un corpo, quello dei cittadini, non solo incapace di reagire, ma sempre più spesso complice di questo irrefrenabile declino che ha trovato nel putridume delle leggi cucite su misura (e nei conseguenti tentativi di sovvertimento delle istituzioni democratiche) il suo punto più esasperato e tangibile.
Pareva quasi un miracolo quando nell’agosto del 2013 un processo intentato nei confronti di Berlusconi riuscì a raggiungere la sua conclusione, indenne dallo spietato machete dei provvedimenti ad personam. Arrivò la condanna, definitiva e inappellabile, a cui un successivo passaggio parlamentare (demagogicamente svolto con voto palese, con una deroga smaccatamente ad personam rispetto al regolamento) fece seguire la decadenza da senatore e l’incandidabilità per sei anni. Fu almeno la quinta volta in cui, nel giro di un ventennio, la parabola politica di Berlusconi sembrava davvero aver raggiunto la sua conclusione. Condannato in via definitiva, privato della possibilità di candidarsi, costretto (quasi) come un qualsiasi detenuto a svolgere mansioni sociali in una casa di riposo, in costante declino fisico, incapace di svolgere un autentico ruolo di leadership nei confronti della sua coalizione (a quei mesi risale la scissione di Alfano), figura ormai soltanto ingombrante per una base elettorale sempre più assottigliata e, dopo il passaggio all’opposizione dall’esecutivo di Enrico Letta, incagliato nella più deleteria irrilevanza parlamentare, nessuno avrebbe scommesso una lira in un suo futuro protagonismo nella vita politica del Paese. Ingenua illusione: l’impronta profonda che il berlusconismo ha scolpito nella già vulnerabilissima tensione morale degli italiani ha continuato a palesarsi in tutta la sua putrescenza.
Sono bastate cinque parole inserite in un decreto per farci sprofondare ancora una volta nell’atroce baratro dell’attività legislativa genuflessa ai desiderata del salotto di Arcore. Cinque parole che permetterebbero di cancellare la condanna passata in giudicato dell’ex-Cavaliere, concretizzando una volta per tutte il suo sogno più grande, portando definitivamente a termine il suo losco progetto: arrivare alla sua più completa impunità, alla sua definitiva fuga da ogni procedimento giudiziario. Una pretesa più volte affrontata adoperando una bislacca formula, l’«agibilità politica», che rappresenta il tentativo massimo di legalizzare l’incolmabile insofferenza di un uomo nei confronti dei capisaldi dei valori etici e democratici. Non è ancora accertato chi e perché abbia stilato questa abominevole norma, ma la conclusione più lineare vede un Presidente del Consiglio di nome Matteo Renzi che per insaziabile e spietata ingordigia di potere è disposto a tutto, anche ad esaudire i voleri più inconfessabili (ma nemmeno tanto, visto che, al contrario, sono rivendicati con spavalda arroganza) di un pregiudicato in grado però di garantirgli una solida, e soprattutto fedele, maggioranza parlamentare.
Non solo: parliamo di un articolo catapultato all’interno di una delega fiscale dove l’unico comun denominatore è quello, ancora una volta, di favorire la piaga dell’evasione fiscale, soprattutto quella di grossa entità. Vero, ora tutto il provvedimento è stato ritirato. Ritirato ma non ripudiato: a febbraio, almeno così sembra, il testo verrà riproposto senza rilevanti modifiche, preservandone la marcescibile essenza e ovviamente preservandone anche la norma in grado di salvare Berlusconi, di renderlo ricandidabile, di renderlo innocente e di renderlo (uno schiaffo per ogni cittadino onesto) presentabile. Se non sarà l’articolo in questione a provvedere all’orrido compito, stiamone certi che arriverà qualche decreto analogo (i sottosegretari alla Giustizia erano fino a qualche mese fa di stretta osservanza berlusconiana, e uno di loro, Cosimo Ferri, quasi di certo lo è ancora) oppure un’inaudita «grazia tombale» ad opera del nuovo Capo dello Stato, il quale verrà scelto, manco a dirlo, insieme a Berlusconi.
Di lotta senza quartiere a corruzione, criminalità ed evasione fiscale, nel frattempo, sentiremo parlare ben poco. Le vere priorità per far rinascere l’Italia sono beatamente dimenticate in nome di un potenziale risultato elettorale su cui l’Italia corrotta fa ancora sentire un indebito peso.

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